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2019 – LA PESTE SUINA NEL CINGHIALE IN EUROPA


GUBERTI V.

Il virus della Peste suina africana è stato introdotto in Georgia nel 2007 per poi diffondersi in buona parte dell’Eurasia (dal Belgio alla Cina seppur con discontinuità di areale). Inizialmente il virus si è avvantaggiato dell’assenza di qualsiasi misura di biosicurezza nell’allevamento del suino nell’area Caucasica. Le prime osservazioni di una partecipazione del cinghiale nell’epidemia di PSA avvengono a fine 2008 inizio 2009 quando il virus è segnalato nelle Repubbliche Autonome della Federazione Russa (Gogin et al., 2013) a prevalente religione mussulmana (includendo anche le incursioni dall’Armenia in Iran). La peste, raggiunte le pianure cerealicole del sud della Russia, si endemizza nel maiale con occasionali casi nel cinghiale (Oganesyan et al., 2013). A sud ovest di Mosca si crea un’ulteriore area endemica in cui il cinghiale è maggiormente coinvolto (ad esempio Smolensk Oblast). Il cinghiale assume il ruolo di unico serbatoio epidemiologico quando il virus è introdotto UE nel 2014 (Chenais et al., 2019). Di fatto la gestione venatoria, creando popolazioni di cinghiale over-abbondanti, sostanzialmente artificiali, a distribuzione pressoché continua tra i Paesi Baltici, Russia, Polonia e Bielorussia ha facilitato la persistenza di un virus africano in Nord Europa. Attualmente sono sotto restrizione circa 350.000 kmq di foreste, abitate da una popolazione di 500-600.000 cinghiali.
La diffusione del virus avviene secondo 2 modalità ben distinte (EFSA, 2018):
a) Tramite una naturale onda epidemica – rabbia simile –la cui direzione e velocità sono determinate dalla continuità di areale e dalla densità locale del cinghiale; l’onda ha una velocità di 1-3 km/mese e si lascia – invariabilmente – alle spalle una endemia a bassa prevalenza (1-2%) che persiste da 5 anni nonostante la bassissima densità del cinghiale. Il ciclo endemico è favorito dalla letalità del virus (circa 90%) e dalla sua resistenza; il virus produce numerose carcasse che attraverso molteplici meccanismi possono infettare animali recettivi.
b) Introduzioni determinate dall’uomo che trasporta inavvertitamente il virus a brevemedio e lungo raggio. Il virus introdotto nella nuova area inizia il caratteristico ciclo: progressiva onda epidemica e successiva endemizzazione dietro il fronte epidemico.

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