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2022 – ANTIBIOTIC FREE NELL’ALLEVAMENTO SUINO ITALIANO: IL CONSUMATORE E RUOLO DELLA FILIERA


MONTRASI ALBERTO

Sempre più si sente parlare in tv e nei social media del problema legato all’utilizzo indiscriminato di antibiotici che verrebbe effettuato all’interno degli allevamenti intensivi. Mentre i mezzi di comunicazione presentano un problema importante, questo tipo di comunicazione tende a basarsi sul presupposto che il consumatore sia in grado di valutare in maniera critica e oggettiva questo flusso di informazioni molto tecniche : in realtà il consumatore ha spesso poco tempo e/o poco interesse ad approfondire informazioni tecniche complesse.
L’uso spesso frequente e improprio degli antibiotici, ad es. utilizzo a dosi sub-terapeutiche o senza rispettare i tempi previsti dalla terapia, fatto in passato per sopperire a carenze di naturale gestionale e strutturale negli allevamenti ha permesso la selezione di microrganismi potenzialmente in grado di determinare fenomeni di antimicrobico resistenza .
Dalla nostra prospettiva di grande distribuzione vicina al consumatore ,possiamo constatare che questi ultimi sono molto sensibilizzati rispetto all’utilizzo di antibiotici negli allevamenti animali, con un opinione che solitamente si associa a “pericolosità”: si ritiene che il ricorso agli antibiotici per stimolare la crescita degli animali da allevamento sia pericoloso per la salute degli animali e dell’uomo. In aggiunta è presente la convinzione che prevalga un uso eccessivo ed inappropriato di antibiotici per non fare ammalare gli animali, che danneggia la salute dei consumatori.
Per la maggior parte dei consumatori quindi una delle cause principali di preoccupazione è rappresentata dai residui ,di antibiotici o ormoni, e dai contaminanti che possono essere presenti nelle carni.
Si teme quindi che i prodotti di origine animale in vendita possano contenere residui di sostanze, che possano quindi essere ingeriti dal consumatore.
Queste opinioni sull’uso di antibiotici negli allevamenti animali influenzano anche le scelte di consumo, con un interesse crescente per gli alimenti riportanti l’etichetta “senza-antibiotici”.
Però molti consumatori non sono al corrente che nei prodotti di origine animale adibiti al consumo umano vengono controllate le eventuali sostanze e i residui che potrebbero costituire un pericolo per la salute pubblica, come le sostanze ad effetto anabolizzante e quelle non autorizzate, i medicinali veterinari e gli agenti contaminanti.
A questo va aggiunto che già a partire dal 2006 la Comunità Europea è intervenuta andando a vietare l’utilizzo degli antibiotici come promotori di crescita, devono essere quindi autorizzati per soli scopi terapeutici.
Peraltro, nel corso del tempo l’utilizzo degli antibiotici è calato notevolmente, perché tutti i protagonisti delle attività produttive si sono resi conto della necessità di portare alla riduzione del consumo degli antibiotici e finalmente si è arrivati al concetto “One Health”: l’antimicrobico resistenza deve essere approcciata considerando la stretta correlazione fra salute umana, salute animale ed ambiente.
Oggi vorrei quindi veicolare il concetto che la collaborazione fra i vari attori di questa filiera può portare a un miglioramento continuo in campo e nella comunicazione, che deve essere mirata verso un consumatore che può avere una conoscenza limitata e poco tempo scegliere.

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